11 luglio 2009

 

La tattica dei conservatori. I liberali? Ormai “vittoriosi”, ovvero scontati, inutili

Il punto di vista di Franco Morganti diffuso dalla newsletter di “Società libera” e segnalato dall’amico Valerio parte dalla convinzione che lo scontro politico in atto, in Italia, avverrebbe “nell’ambito della cornice liberale”. Conseguentemente se il confronto è tra “dosi maggiori o minori di dirigismo o di liberalizzazioni”, visto che “il liberalismo ha vinto la sua battaglia storica contro la dottrina antitetica, che era il comunismo”, “a che scopo distinguersi e caratterizzarsi come liberali”? Ossia perché “spendere energie nell’organizzazione partitica”?
Che a Morganti diano fastidio soprattutto i liberali che sono nel PD perché avrebbero impedito la confluenza del PD nel PSE, è evidente. Che tale convinzione possa essere definita “conservatrice” è altrettanto banale. Il conservatore ha fastidio del nuovo, preferisce le strade tradizionali. Non confluire nel PSE è un’avventura per il PD.
Il conservatorismo di Morganti lo rende cieco. Lo scontro politico in Italia, oggi, si svolgerebbe “nell’ambito liberale”? Ma non si accorge della confusione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario e mediatico) che è la cornice in cui si svolge l’attuale lotta politica? Ma la “dottrina” liberale – parlerei più della teoria politica che della “dottrina”: il liberalismo non può essere sullo stesso livello della “mistica fascista, nazista o comunista” – non prevede la divisione del potere?
L’Italia ha bisogno della cultura liberale, ma la cultura è politica se vuole attecchire nel costume e realizzare la “cornice liberale” ove svolgere la lotta politica. Oggi è la cornice che manca, e manca per la prevalenza della cultura clericale, conservatrice e socialista e per l’assenza della cultura liberale. Di qui la necessità di un soggetto politico “di” liberali antagonista dei clericali, avversario dei conservatori e distinto dai socialisti.
Cultura e politica non possono essere disgiunte, per questo occorre richiamarsi alla “teoria” politica liberale, piuttosto che a vaghe “dottrine”, per inverare nella prassi la difesa della libertà (al singolare) dell’individuo aggredita dal clericalismo, dal conservatorismo e da quello che resta del socialismo.
BEPPI LAMEDICA (Veneto Liberale)

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