7 giugno 2008

 

Giri di valzer liberali. L’insostenibile leggerezza di quei Tafazzi confusionari

Di recente si è iniziato un processo federativo tra il PLI e i Moderati del Piemonte che hanno un deputato (Giacomo Portas, eletto nella lista del PD), almeno un consigliere regionale (Giuliano Manolino) e vari consiglieri comunali.
Cosa c’entrava Giorgio Tonini, responsabile Formazione e Ricerca del PD, presente alla conferenza stampa? Comunque, perché iniziare il processo di federazione con il gruppo piemontese mentre il PLI stava lavorando per promuovere assieme ad altri gruppi (Coordinamento dei liberali italiani – per una politica liberale e il Forum per l’unità dei repubblicani) una lista liberale per le europee che avrebbe potuto costituire l’opportunità per iniziare un processo federativo diverso?
Il PLI vuole costituire una federazione con altri gruppi, oltre che con i Moderati, o vorrebbe solo annetterli, presentandosi al tavolo delle trattative con il PD, per incassare il premio del rafforzamento della coalizione veltroniana?
Altri liberali, che si sono accasati nella coalizione berlusconiana, si riuniranno a Cuneo, a fine mese. L’on. Costa, già segretario del PLI, da una parte riconosce che “l’affermazione del centro-destra potrà finalmente permettere all’Italia di avviare quella ripresa di cui ha assoluto bisogno”. Da un’altra parte ritiene opportuno, da liberale, “suggerire, vigilare, impegnarci affinché i nostri valori emergano e si diffondano: continueremo quindi anche nelle lotte contro sprechi, privilegi, burocrazia, enti inutili, auto blu, assenteismo, ‘marchesati’...”
Ma i liberali sono ritenuti utili perché il centrodestra sarebbe considerato incapace di avviare quella ripresa di cui l’Italia ha bisogno? Di qui l’opportunità di “suggerire, vigilare, etcc..”? E che ruolo potrebbero svolgere i liberali se sono circondati da incapaci? Vorrebbero solo rafforzare la componente “liberale” per ingraziarsi il monarca Berlusconi?
Due esempi di confusioni liberali conseguenti al mancato coraggio di mollare la strategia dell’ospitalità e non voler essere conseguenti alla teoria liberale antagonista e distinta da ogni ideologia sia conservatrice che socialista.
BEPPI LAMEDICA
Veneto Liberale
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Fa bene l'amico Lamedica a mettere in evidenza il comportamento troppo mobile ("qual piuma al vento"), scostante, incostante e contraddittorio di certi liberali che vogliono fare i furbi senza averne i mezzi. Sono solo autolesionisti, come il mitico personaggio televisivo Tafazzi. E così finiscono per scontentare tutti e isolarsi ancora di più.(NV)

 

Liberali europei. Siamo pronti noi liberali e repubblicani ELDR per il 2009?

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D'accordo, sono ancora lontani i famosi "Stati generali" del Liberalismo italiano - mi consento un di autoironia - cioè quella rifondazione totale, partendo dal basso e senza sigle, che secondo la road map da me ipotizzata nel Salon Voltaire nel 2004, e poi confermata al momento della fondazione del Comitato per la riunificazione dei Liberali Italiani nel 2006, avrebbero dovuto dopo una super-assemblea telematica da Guinness dei primati porre le basi per un grande soggetto unico dei Liberali Italiani, potenzialmente del 30 per cento.
Si è fatta molta ironia su questa "ricottella della favola", su questa utopia. Ma, altroché, eravamo semmai solo "realisti": i dati demoscopici sugli Italiani ce lo confermano. Certo, il gentleman agreement - chiamiamolo così per non dire altro - tra Berlusconi e Veltroni, tra una finta Destra populista e poco liberale e una finta Sinistra populista e poco liberale, a cui si aggiungono i nostri ripetuti e madornali auto-gol, le improvvisazioni, i personalismi, le solite idiozie, invidie e ottusità per cui i "politici" (virgolette d'obbligo, perché spesso si autoproclamano tali) liberali e repubblicani vanno famosi, hanno reso ancora più difficile il nostro compito unificatorio e rifondativo. Noi, chi? Noi che in fondo eravamo, siamo solo dei cittadini volonterosi innamorati del Liberalismo in tutte le sue sfumature, da Cavour a Nathan, da Mazzini a Einaudi, da Cattaneo a Croce. Ma hanno reso questo compito paradossalmente ancor più necessario e urgente.
Ah, se i nostri cari amici eredi del Risorgimento sapessero l'abc della psicologia politica e della comunicazione! Saremmo già a buon punto. Invece, il Liberalismo, in tutte le sue correnti, è penalizzato in Italia da un personale politico provinciale, inadeguato, dalle vedute ristrette, politicamente poco intelligente e di bassissimo livello organizzativo. Solo loro riescono disponendo di un 30-40 per cento potenziale ad arrivare, sommando tutti i rivoli, allo 0,3-0,6.
Ora la vicinanza delle Elezioni Europee ci impone delle scelte e dà la sveglia - si spera - anche ai più tonti e dormiglioni di noi, come anche ai più "furbi" che credono ingenuamente che la politica si fa al bar guardandosi negli occhi tra politicanti veri o autoelettisi tali, e credendosi Napoleone o Bismarck, o più modestamente baroni del Sud all'epoca di Giolitti, che gli accordi si possano siglare con una stretta di mano tra "gentiluomini" conoscitori del mondo e quindi dotati di molte riserve mentali, al circolo Unione di Agrigento.
No, la politica non si fa, non si deve fare così, tantomeno quella liberale, che è nata nel Nord Europa e che vuole perciò chiarezza cristallina, vero dibattito delle idee tra i cittadini, e molta, moltissima propaganda, cittadino per cittadino, club per club, casa per casa. Ma qui, al contrario, e proprio in casa liberale, sembra, la diffusione del liberalismo è una cosa tabù, tutti si vergognano di fare proseliti attraverso le idee, si odia la propaganda come cosa volgare e di massa, neanche si discute di politica, meno che mai si confrontano tesi e modalità. Snob di provincia. Piuttosto si gioca a "fare i leaders", si tentano accordi tra persone. Spesso dilettanti rotti a tutte le sconfitte, autoproclamatisi generali. Che non hanno nessun esercito dietro.
Tutto ciò non è liberale: è esattamente l'opposto. Si offendono gli amici se dico che è solo ridicolo, e che il tutto assomiglia a certe pochades di Feydeau, dove i personaggi entrano ed escono di continuo dalle sei o sette porte in scena, dicono una battuta, combinano un pasticcio, sparlano l'uno dell'altro, ma miracolosamente riguadagnano la porta senza incontrarsi mai? Ecco, non vorrei che da protagonisti della scena culturale e politica, essendo il Liberalismo l'unica ideologia vincente rimasta sul campo, scadessimo per nostra insulsaggine a macchiette.
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IMMAGINE. Il logo disegnato e proposto da Nico Valerio come simbolo unificatore di tutte le correnti liberali italiane che si vedono rappresentate dal Partito Liberale Europeo ELDR. Ma forse ha il torto di essere troppo chiaro, troppo semplice, troppo comprensibile, troppo unitario, per i nostri levantini politici di complemento.

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